Tutti pazzi per il surimi, ma non è un alimento sano: ecco cosa c'è dentro

Cosa c'è dentro il surimi? Una volta scoperto non lo mangerete più. Ecco quali sono gli ingredienti e perché fa male.

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Il surimi è ormai diffuso anche in Italia e, complice l’esplosione della cucina giapponese, è molto amato. Eppure, si tratta di quello che gli esperti definiscono "falso cibo", ossia un alimento mascherato come tale ma che, a conti fatti, è frutto di diversi processi industriali. Visto che è nato come vero e proprio ‘pesce’, vale la pena ripercorrere la sua storia, scoprire chi l’ha inventato e come si è trasformato in una prelibatezza che appaga il gusto ma non è per nulla salutare.

Cos’è il surimi e chi l’ha inventato

Noto anche come granchio finto, il surimi fa parte dell’alimentazione del Giappone da tempo immemore. È stato inventato dagli chef giapponesi centinaia di anni fa, ma all’inizio non aveva nulla a che vedere con il prodotto che oggi troviamo in commercio. È nato, infatti, come un modo per conservare il pesce. Quest’ultimo veniva tritato e poi mescolato con il sale, così da aumentare il periodo di conservazione.

Intorno al 1960, però, il chimico giapponese Nishitani Yōsuke ha pensato di trasformare questo prodotto per renderlo ancora più duraturo. Come? Semplice, aggiungendo lo zucchero. Così è nata l’industria del surimi, la ricetta è stata via via modificata e di quella iniziale polpa di pesce con il sale non è rimasto più nulla. Oggi, infatti, questi bastoncini con sfumatura arancione dal gusto di granchio sono costituiti di pesce solo per il 30/40% del prodotto.

Com’è fatto il surimi

Il surimi può tranquillamente essere chiamato würstel di pesce, visto che è molto, molto simile al ‘fratello’ di carne. Anch’esso, infatti, è prodotto a partire dagli scarti di alcune varietà ittiche. Nello specifico, parliamo di pesci demersali, ossia quelli che vivono vicino al fondale marino, come il merluzzo d’Alaska, il nasello, il suri e lo sgombro di Atka. In alcuni casi, è bene sottolinearlo, vengono utilizzati anche avanzi di lavorazione o ritagli industriali di pesce.

Considerando che il pesce rappresenta il 30%, massimo 40% del prodotto finale, la domanda sorge spontanea: e gli altri ingredienti? Fanno venire la pelle d’oca solo a scriverli: amidi e addensanti (tipo fecola di patate che dà struttura e consistenza), olio vegetale (colza o palma), aromi, sale e zucchero (in quantità massicce), proteine dell’uovo (per migliorare consistenza ed elasticità) e coloranti.

Perché il finto granchio è ultra processato

Il processo di lavorazione che consente di ottenere il surimi è composto da tre fasi:

  • lavaggio e sminuzzamento del pesce per ottenere una pasta bianca;
  • impasto con gli additivi e modellazione fino ad avere una consistenza uniforme;
  • cottura e confezionamento.

È bene sottolineare che, oltre ad amidi, albumi d’uovo, sale, zucchero e coloranti, alcuni produttori (anche se pochi) utilizzano qualche pezzettino di granchio vero. La stragrande maggioranza, però, usa un mix di aromi artificiali come sale, zuccheri e polifosfati. Inoltre, per ottenere il prelibato – si fa per dire – cilindretto arancione viene utilizzato il glutammato monosodico, un esaltatore di sapidità che possiamo facilmente riconoscere grazie alla sigla E621. Il fatto che il surimi sia prodotto a livello industriale e con ingredienti per nulla salutari lo rende un alimento ultra processato.

Il surimi è un "falso cibo" e un "cibo vuoto"

Il surimi non può assolutamente essere chiamato pesce, visto che ne contiene il 40% al massimo. Ogni volta che state per acquistarlo pensate soltanto che gli esperti lo definiscono un "falso cibo". Questa dicitura viene generalmente affibbiata agli alimenti che vengono presentati e venduti come di alta qualità quando in realtà non potrebbero neanche essere considerati tali.

Non solo, è considerato anche un "cibo vuoto" perché, così come avviene con le bevande gassate, ha un contenuto calorico elevato (proveniente soprattutto dalla quota di carboidrati rappresentata da farine e amidi), contiene additivi (coloranti artificiali, aromi e conservanti) e ha pochissimi minerali e vitamine. Ergo, dal punto di vista nutrizionale è nullo.

Come si usa il granchio finto

Ovviamente, il surimi piace perché c’è di mezzo il famoso bliss point. Inoltre, come accade con i würstel, ha un prezzo basso, dettaglio che porta i consumatori a pensare di mangiare il pesce – anche se ribadiamo che la sua presenza è irrisoria – a costi contenuti.

Ammesso il fatto che non l’avete mai acquistato, vi può essere capitato di mangiarlo senza esserne consapevoli. Oltre che consumato così com’è, semplicemente scaldandolo al forno o in padella, il surimi si può trovare in alcuni sushi o all’interno di insalate o poke con frutti di mare.

Nella maggior parte dei casi, il surimi si trova in commercio congelato, semplice o in preparazioni pronte e impanate. Volendo, la versione al naturale può essere utilizzata come ingrediente di piatti più elaborati, come un primo piatto con i frutti di mare oppure i California roll o i uramaki. Una precisazione è d’obbligo: in patria, la tradizione culinaria legata al surimi è molto forte, quindi ci sono ancora preparazioni artigianali simili a quelle originarie.

Come si conserva e consigli per l’acquisto

Il surimi, una volta scongelato, deve essere consumato entro 24 ore. Come tutti gli altri alimenti, non può essere nuovamente ricongelato. Al contrario, se l’avete acquistato fresco – cosa assai improbabile in Italia – potete conservarlo in frigorifero per un paio di giorni al massimo. Se intendete acquistarlo, vi consigliamo di leggere con attenzione l’etichetta e preferire il prodotto che contiene meno ingredienti possibile e specifica il tipo di pesce utilizzato.

Sarà un’impresa, vi avvisiamo, anche perché si tratta di un alimento standard, i cui componenti sono, bene o male, sempre gli stessi. Volendo potete provare a farli in casa, ma il risultato sarà simile a quello che solitamente si ottiene con i bastoncini di pesce. Se così non fosse, gli scienziati non avrebbero impiegato anni e anni per arrivare al bliss point.

Il surimi fa male

Concludiamo questo viaggio poco entusiasmante nel surimi con la risposta a un’annosa domanda: il surimi fa male? Partendo dal presupposto che parliamo di un prodotto finito che ‘di cibo’ ha davvero poco, quindi per nulla naturale e molto industriale, è bene consumarlo il meno possibile. È ultra processato e può tranquillamente essere etichettato come junk food.

Consideratelo come un würstel, quindi mangiarlo di tanto in tanto non è un problema, ma inserirlo nella dieta è un errore. Resta un alimento cotto, controllato e sicuro, ma non è sano.

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