Cosa si mangia a San Marco e alla Liberazione: le tradizioni del 25 aprile
San Marco e Festa della Liberazione: ecco cosa si mangia il 25 aprile secondo la tradizione.
Il 25 aprile è una festività molto importante, per alcuni duplice: da un lato si ricorda la Liberazione dal nazifascismo e dall’altro San Marco. Essendo due celebrazioni diverse, ci sono altrettante tradizioni gastronomiche, così come ci sono differenti modalità di trascorrere la giornata. Scopriamo come si festeggia e, soprattutto, quali sono i piatti tradizionali che non dovrebbero mai mancare sui banchetti allestiti per l’occasione.
- Cosa si mangia il 25 aprile in occasione di San Marco
- La Liberazione in Italia: le ricette tipiche dei partigiani
Cosa si mangia il 25 aprile in occasione di San Marco
In base alla zona d’Italia, talvolta anche per questioni religiose o ideologiche, le tradizioni gastronomiche del 25 aprile variano. Qualcuno celebra la Liberazione dal nazifascismo, altri omaggiano San Marco e altri ancora festeggiano per il semplice gusto di trascorrere una giornata in compagnia. Motivazioni a parte, scopriamo quali sono i piatti tipici di questa particolare ricorrenza.
Partiamo da coloro che si riuniscono per ricordare l’evangelista che nel corso della sua vita collaborò con l’apostolo Paolo. Nato da una famiglia ebrea benestante, dove un tempo sorgeva la sua casa, ossia nei pressi di Piazza Venezia a Roma, oggi c’è una bellissima chiesa a lui dedicata. La sua figura, però, è legata soprattutto alla città di Venezia, di cui è patrono. Pur essendo morto ad Alessandria d’Egitto tra il 68 e il 72 d.C., la leggenda vuole che nell’828 due mercanti veneziani abbiano portato il suo corpo nella cittadina lagunare per salvarlo dalle mani degli arabi. Ancora oggi, parte dei suoi resti sono conservati all’interno della Basilica che porta il suo nome nel capoluogo veneto.
Riconosciuto come patrono dei notai, degli scrivani, dei vetrai e degli ottici, il culto di San Marco è molto sentito a Venezia e in tutto il Veneto. In questa occasione le famiglie si riuniscono e preparano banchetti con le migliori ricette della tradizione. Sulla tavola non può mai mancare un bel piatto di risi e bisi, ossia riso e piselli. Secondo la leggenda, la prelibatezza è stata introdotta nella cittadina lagunare in epoca bizantina e il 25 aprile veniva servita ai Dogi. La preparazione originaria vuole che venga preparato con: piselli sgranati, riso vialone nano, olio d’oliva, cipolle bianche fresche, prezzemolo, un pizzico di burro e una buona dose di parmigiano grattugiato. Qualcuno, per rendere più gustosa la pietanza, aggiunge un po’ di pancetta croccante, ma si tratta di una rivisitazione.
È tradizione preparare anche un altro piatto veneto famoso in tutta Italia: il baccalà mantecato. Un tempo veniva servito come antipasto, ma oggi viene portato in tavola soprattutto come secondo. Spesso accompagnato da polenta croccante o pane tostato, ha una consistenza vellutata che è impossibile non amare. Il baccalà mantecato ha un gusto talmente delicato da fare breccia pure nel cuore di quanti non vanno pazzi per il pesce.
Altra ricetta che il 25 aprile non può assolutamente mancare sono le lasagnette al nero di seppia, che qualcuno in città ha ribattezzato in modo poco felice "lasagnette in camicia nera". Un primo gustoso, che si può degustare anche nei ristoranti della laguna. Non è San Marco se non ci sono le sarde in saor, ossia delle sarde fritte condite con cipolle in agrodolce, pinoli e uvetta.
Infine, spazio ai dolci. Un must? Le fritoe. Perfette anche come cibo di strada, da mangiare perdendosi per i vicoli di Venezia, sono frittelle all’uva sultanina ricoperte di zucchero. Chiudiamo il tour gastronomico di San Marco con una tradizione che non ha nulla a che fare con il cibo, ma che parlando di dolcezza cade a fagiolo: la Festa del Bocolo. Il 25 aprile nel capoluogo veneto gli innamorati regalano un bocciolo di rosa rossa, il bocolo per l’appunto, alle promesse spose o semplici fidanzate.
La Liberazione in Italia: le ricette tipiche dei partigiani
Dal 1949, il 25 aprile in Italia si celebra la Liberazione dal nazifascismo. Una giornata importante, oggi come non mai, per ricordare ciò che i nostri nonni e bisnonni hanno vissuto per garantirci la libertà di cui godiamo. Tutti, ormai, diamo per scontata la quotidianità, ma almeno un giorno all’anno è doveroso fermarsi a riflettere, magari portando in tavola alcuni piatti poveri che hanno caratterizzato quel periodo. A dirci cosa si mangiava è il libro Partigiani a tavola di Elisabetta Salvini e Lorena Carrara, pubblicato nel 2015, che raccoglie più di 70 ricette.
Si tratta di preparazioni popolari, legate a ingredienti che spesso venivano racimolati con estrema fatica. Senza ombra di dubbio, il piatto più noto è la pasta antifascista dei fratelli Cervi. Originari di Reggio Emilia, per festeggiare la caduta di Benito Mussolini, i fratelli offrirono 380 chili di pasta a tutto il paese di Campegine. Questo primo non poteva chiamarsi in altro modo e, pur non essendo ‘gourmet’, viene ancora oggi consumato in tante case nostrante. Come si fa? Con burro e parmigiano. Ingredienti che oggi snobbiamo, ma che all’epoca valevano oro.
Un’altra ricetta tipica, ma ancora attuale seppure con un nome diverso, è quella dei cappelletti ‘’bastonati’’ al brodo. Se vi state chiedendo perché si chiamano così il motivo è presto detto: ricordano le manganellate che i fascisti davano ai socialisti entrando nelle loro case il primo maggio. Idem per le lasagne "della ricostruzione", ossia sfoglie di pasta fresca ripiene di ciò che si aveva a disposizione. Il nome si deve a Teresa Noce, che le preparò dopo essere tornata viva dai campi di concentramento.
Passando ai secondi, anche se a quel tempo era già un miracolo mettere in tavola un primo, troviamo soprattutto sformati e frittate. All’interno, neanche a dirlo, si metteva ciò che si trovava, specialmente erbe spontanee. Al Nord Italia in molti hanno trovato salvezza nella polenta, mentre al Centro e al Sud si usavano le bucce delle patate e le rape. Queste ultime venivano trasformavate in ogni cosa. Ovunque, sempre se si trovava un po’ di pane, la panzanella era quotidiana, così come le cipolle stufate in acqua.
I dolci, neanche a dirlo, erano introvabili. Perfino lo zucchero, il semplice e banale zucchero, era un lusso. Al massimo, i pochi fortunati riuscivano ad avere un uovo per preparare lo zabaione. Idem per il caffè, che qualcuno sostituiva con la bevanda di cicoria. Oggi riproporre un menù del genere per il 25 aprile è quasi impensabile, però si potrebbero comunque portare in tavola i piatti citati apportando qualche piccola modifica. Invece della pasta al burro, ad esempio, potete preparare le tagliatelle al pomodoro con burro, oppure le linguine burro e limone con pane croccante. Le lasagne non hanno bisogno di un surrogato, così come i cappelletti in brodo, mentre con sformati e frittate potete sbizzarrirvi: patate e formaggio, zucchine, melanzane, broccoli e qualunque altro ingrediente vi venga in mente.