Aringhe affumicate, un pesce dalle antiche origini: proprietà e ricette

Aringhe affumicate: origini, valori nutrizionali, modalità di pulizia e consumo, dove si comprano e quanto costano.

Pur non essendo una prelibatezza italiana, le aringhe affumicate sono arrivate sulle nostre tavole da tempo immemore. Pesce dal sapore forte, talvolta pungente, viene consumato soprattutto durante le feste o in occasioni importanti. In pochi, però, conoscono le sue proprietà nutrizionali e i benefici che apporta all’intero organismo, dal sistema cardiovascolare agli occhi, passando per la pelle. Conosciamo meglio la Clupea harengus: dalla sua origine all’affumicatura, passando per i valori nutritivi e le modalità di consumo.

Le origini delle aringhe affumicate

Le aringhe, il cui nome scientifico è Clupea harengus, vivono principalmente nell’Oceano Atlantico settentrionale (nel Mar Mediterraneo sono del tutto assenti). Parliamo, quindi, delle coste di Norvegia, Danimarca, Islanda e Paesi Bassi. Pensate che le prime testimonianze di questo pesce, ritrovate in territorio norvegese, risalgono al 600 a.C.. Un tempo considerate ingrediente povero, venivano arrostite sui carboni ardenti oppure lasciate appese sopra il camino ad affumicare. Pian piano, sono nati veri e propri affumicatoi e l’esportazione ha preso il via.

In Italia, le aringhe affumicate si sono diffuse soprattutto in Friuli Venezia Giulia e Veneto dove, secondo la tradizione, venivano prima fatte reidratare nel latte per una notte intera e poi appese al centro della tavola. La modalità di consumo era assai particolare: i commensali usavano strusciare la polenta o altri tipi di alimenti, anche solo un tozzo di pane, sul pesce. Parliamo, ovviamente, di tempi di grande povertà, in cui i condimenti scarseggiavano e un paio di aringhe dovevano bastare per dare giusto un po’ di sapore alle pietanze. Oggi, fortunatamente, viviamo in un’epoca molto diversa e questi pesci dell’Oceano Atlantico possono essere gustati nella loro interezza.

Aringhe: modalità di affumicatura

Tradizioni a parte, l’affumicatura delle aringhe è un processo lungo, che prevede come primo step la conservazione sotto sale. Entro due ore dalla pesca, infatti, i pesci vengono messi nel sale in barili di abete per 24 ore, al termine delle quali si aggiunge la salamoia. La salagione può durare anche 60 giorni e soltanto in seguito si può procedere con l’affumicatura. Le aringhe vengono inserite su uno spiedo, dove rimarranno da 10 ore a 12 giorni.

In base al periodo di ‘stagionatura’, i pesci si distinguono in tre tipi:

  • silver o argentata, affumicata per massimo 12 ore;
  • golden o dorata, affumicata per non più di 3 giorni;
  • hard cured, affumicata dai 10 ai 12 giorni.

Terminata l’affumicatura, le aringhe sono pronte per la vendita e, ciliegina sulla torta, hanno un’ottima conservabilità. Ovviamente, la ‘stagionatura’ influenza anche il prezzo.

I valori nutrizionali e le proprietà dell’aringa

Le aringhe sono una fonte importante di grassi salutari e nutrienti. Ricche di sali minerali come potassio, calcio e fosforo, e di vitamina A, sono altamente proteiche, vantano un contenuto ridotto di lipidi e sono un’ottima fonte di Omega 3. Pertanto, contribuiscono a mantenere bassi i livelli di trigliceridi e colesterolo e al buon funzionamento del sistema cardiovascolare e di altri organi e tessuti, come pelle e occhi. Non solo, sono alleati della salute dei globuli rossi, delle ossa e del sistema nervoso.

Per quanto riguarda le calorie, 100 grammi di aringhe affumicate ne apportano 194, meno delle aringhe fresche (216 kcal), di quelle marinate (199 kcal) e di quelle sotto sale (218 kcal). Sul versante delle controindicazioni, sono considerate un pesce sicuro, specialmente per il basso contenuto di mercurio. Nonostante tutto, è di difficile digeribilità, per cui coloro che hanno disturbi gastrointestinali dovrebbero consumarlo sporadicamente e in quantità ridotte.

Aringhe affumicate: come si mangiano

Le aringhe, proprio grazie al processo di affumicatura, si possono mangiare sgocciolandole bene dal liquido di conservazione. In alternativa, possono essere reidratate nel latte per almeno cinque ore (meglio ancora se messe in ammollo il giorno prima del consumo) e cotte al forno, magari con le patate, oppure avvolte nelle foglie di verza per creare ottimi involtini. E ancora in insalata con le patate lesse. Ovviamente, sono ottime anche per gli antipasti e per i primi piatti, come il riso bianco orientale o il cous cous.  Affinché il sapore venga esaltato al massimo, consigliamo di abbinarlo a ingredienti tipo: cipolle, patate, cavolfiori, barbabietole, agrumi e insalata.

Se credete che le aringhe siano troppo salate, potete tranquillamente dissalarle. Vi consigliamo di immergerle nell’aceto per due minuti, poi scolate e sciacquate sotto all’acqua corrente. A questo punto, asciugate delicatamente con due fogli di carta assorbente, senza fare troppa pressione così da evitare la rottura. Poi, mettetele in un recipiente e coprite completamente con latte freddo, lasciando a bagno per 24 ore. In questo modo, non eliminerete soltanto il sale in eccesso ma renderete il pesce più morbido e meno saporito. Non temete: il gusto resterà comunque deciso, ma sarà semplicemente più delicato.

Dove si comprano, come si scelgono e quanto costano

In Italia le aringhe fresche sono pressoché introvabili, ma quelle affumicate si trovano facilmente nella grande distribuzione, oppure nei negozi che vendono il baccalà, le alici salate, le olive e i capperi o ancora nei mercati rionali. Per non incappare in fregature, vi consigliamo di controllare le branchie del pesce, che devono essere di colore rosa/rosso, e l’occhio, sporgente e con pupilla nera. Il corpo, invece, deve apparire sodo e rigido, con le squame perfettamente attaccate. Anche l’odore è importante: si deve percepire il mare, deve essere pungente ma non sgradevole.

Se avete necessità di pulire l’aringa, dovete fare un’incisione lungo il dorso con il coltello, in modo da tagliare il pesce a metà. Staccate le due metà delicatamente, arrivando fino alla coda. Eliminate quest’ultima sempre aiutandovi con il coltello e pulite bene i due filetti ottenuti, eliminando i residui di pelle, interiora e lische. A questo punto, non dovete fare altro che scegliere la ricetta che più preferite e procedere con la preparazione.

Questo tipo di pesce azzurro, proprio grazie all’affumicatura, è disponibile in qualsiasi periodo dell’anno. Generalmente, ha un prezzo di partenza pari a 19 euro al chilo, ma il costo varia in base alla ‘stagionatura’. Considerate che per un chilo potreste spendere anche più di 100 euro. Una precisazione è d’obbligo: l’aringa è piuttosto saporita, per cui non si consuma quasi mai in grande quantità.

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