L'agnello così non l'avete mai mangiato: ricette dalle varie zone del mondo

Carne tenera, saporita ma digeribile: è l'agnello. Scopriamo come si mangia nelle varie zone del mondo.

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Mangiare l’agnello a Pasqua, nonostante le battaglie che da tempo compiono vegani e animalisti, è una delle tradizioni gastronomiche nostrane più radicate. Ogni anno, con l’avvicinarsi delle festività pasquali la diatriba tra pro e contro si riaccende, ma vi siete mai chiesti perché esiste un legame così forte tra gli esseri umani e questo animale? Possibile che sia soltanto una questione religiosa? Cerchiamo di capire dove nasce e perché questa usanza resiste nonostante tutto.

Perché a Pasqua è tradizione mangiare l’agnello

Da tempo immemore, la carne d’agnello fa parte delle tradizioni gastronomiche italiane. Servono a poco le battaglie che gli animalisti portano avanti per scoraggiare la popolazione dal consumo: soprattutto a Pasqua, pietanze che hanno come ingrediente principale questo animale non possono mancare. Tralasciando ciò che è giusto e/o sbagliato, è interessante capire i motivi per cui ci troviamo davanti a un’usanza tanto radicata. Sicuramente, la religione ha giocato e continua a giocare un ruolo importante.

Per gli ebrei e i cristiani, l’agnello è il simbolo per eccellenza del sacrificio, tanto che nella Bibbia viene citato ben 179 volte. Per comprendere pienamente il suo valore, sia economico che spirituale, vale la pena evidenziare la ‘quota’ di altre citazioni analoghe: 169 richiami alla pecora, 39 al montone, 117 all’ariete, 159 alla capra e 187 per la parola gregge. Sommando queste menzioni raggiungiamo un totale di 851, che paragonate alle 944 volte in cui compare il termine Gerusalemme ci darebbe già la risposta al quesito da cui siamo partiti. Ma, andiamo avanti.

Restando sempre in ambito religioso, l’Agnus Dei è Gesù, colui che ha sacrificato la sua vita per la salvezza dell’umanità. Per la tradizione cristiana, quindi, l’animale non rappresenta solo il sacrificio, ma anche la purezza e l’innocenza. Ricordiamo che, un tempo come oggi, l’agnello viene macellato tra i 28 e i 40 giorni di età. Nel libro dell’Esodo viene addirittura spiegata la cottura ideale: "Non lo mangerete crudo, né bollito nell’acqua, ma solo arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere". C’è, però, un’altra prescrizione che l’uomo contemporaneo ha dimenticato: "Calcolerete come dovrà essere l’agnello, secondo quanto ciascuno può mangiarne". Oggi si uccidono animali in abbondanza, non più per sostentamento o devozione, in barba all’impatto ambientale delle industrie del settore.

Volendo andare oltre, quella che per molti è una vera e propria prelibatezza gastronomica unica e inimitabile si rintraccia anche nell’Odissea e nell’Iliade, dove si parla spesso di agnelli e capretti. Ovviamente, sono per lo più riferimenti culinari. La testimonianza più antica? Una ricetta dello stufato d’agnello risalente al 1730 a.C., rinvenuta in Mesopotamia e incisa in scrittura cuneiforme su tavolette in pietra. Insomma, una cosa è certa: questa carne si consuma per tradizione, religiosa per alcuni e "mangereccia" per altri. Non importa se animalisti e non chiedono rispetto per un esserino che viene ucciso dopo soli 40 giorni di vita, ciò che conta è rispettare le usanze. Perfino Papa Benedetto XVI nel 2007 si è schierato contro l’uccisione degli agnelli a Pasqua, specificando che Gesù ha sacrificato se stesso, ma le sue parole sono state, come si suol dire, portate via dal vento.

Come si mangia l’agnello nel mondo

In Italia c’è una grande cultura dell’agnello. Viene considerata una carne pregiata, molto saporita ma leggera, tenera e facilmente digeribile. Così come il maiale, anche di questo animale non si butta via niente. Dalla sella al cosciotto, passando per il collo, le costolette e le interiora: ogni regione del Belpaese vanta ricette particolari. Preparazioni come la coratella, l’abbacchio alla scottadito, l’agnello "abbottonato", le mazzarelle o il classico agnello al forno sono considerate un fiore all’occhiello. Questa tipologia di carne, però, non è un’esclusiva italiana. Si consuma un po’ in tutto il mondo, come in Irlanda e Gran Bretagna che, per allevamento e produzione, fanno quasi concorrenza al Belpaese. Eppure, non tutte le preparazione meritano menzione, o almeno non rappresentano una grande novità per noi.

Parlando di ricette particolari, non possiamo che iniziare dal fenalår norvegese. Prodotto tipico molto amato che ha ottenuto il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta (IGP), è fatto con la coscia di agnello salata ed essiccata. Viene consumato sia in occasioni di festa che nei banchetti quotidiani e si trova in vendita in due varietà: tradizionale e stagionato. Il primo è più salato, quindi meno pregiato del secondo. Possiamo dire che, almeno da un punto di vista estetico, è molto simile al nostro prosciutto crudo.

Di origine caucasica e diffuso in tutta l’Asia centrale è lo shashlik (o šašlyk). Un piatto assai particolare, che potremmo definire un kebab allo spiedo con marinatura di salsa di soia. Immaginate una specie di sfoglia composta da 18 strati di carne d’agnello (in base alla zona possono essere sia inferiori che maggiori), conditi con cipolle, grasso dello stesso animale, funghi e aromi. Oggi questa ricetta, seppur con nomi diversi e piccoli cambiamenti nella preparazione, è tipica di diverse zone: dalla Polonia all’Ucraina, passando per la Russia, il Pakistan, la Mongolia e la Turchia. In alcuni casi, la carne viene marinata per 2 o 3 giorni prima della cottura in acqua minerale molto salata con cipolle e foglie di alloro.

Concludiamo il nostro mini tour gastronomico con il lechazo spagnolo, dichiarato Prodotto Agroalimentare Tradizionale della regione di Castiglia e León. Si tratta di un agnello di razza Churra, originaria della regione iberica, che viene nutrito esclusivamente con latte materno. La cottura? Rigorosamente al forno con le patate, ma senza una precedente marinatura della carne. Generalmente, le altre pietanze tipiche della Spagna – dalle costolette grigliate alla frittura – vengono fatte con il capretto, da non confondere con il lechazo.

Come viene classificata la carne d’agnello

L’agnello è carne bianca, ma bisogna fare alcune distinzioni. Oggi si riconoscono le seguenti categorie:

  • abbacchio o agnello da latte: macellato tra i 21 e i 28 giorni di vita (meno di 10 kg di peso), si nutre solo di latte, ha una carne tenera di colore rosa;
  • agnello bianco: ucciso tra i 45 e i 60 giorni di esistenza (massimo 14 kg), viene allevato con alimentazione mista, ossia latte e pascolo, ha una carne saporita dal gusto intenso;
  • agnello maturo o dei 100 giorni: macellato tra i 2 e i 6 mesi d’età, mangia per lo più al pascolo e ha una carne più scura e saporita;
  • castrato, agnellone o sottanno: macellato tra gli 8 e i 18 mesi di vita, si nutre solo al pascolo e ha un gusto forte.

In base alla tipologia che si sceglie, cambiano sia gli elementi nutritivi che il sapore e la consistenza della carne.

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