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Storia della pasta al pomodoro: dall'America a simbolo delle tavole d'Italia

Com’è nata la pasta al pomodoro

Pasta al pomodoro: da alimento proibito a piatto iconico della cucina italiana. Ecco come questa ricetta è diventata la più amata del mondo.

Per raccontare la storia della pasta al pomodoro non basterebbe un intero volume. Quello che è un piatto nazionale deve ringraziare le terre americane per uno dei frutti che oggi sono al centro della cucina tradizionale italiana. Sebbene si tratti di un piatto molto umile e modesto, la pasta al pomodoro riesce ad essere un piatto pop e al tempo stesso una fonte di ispirazione per l’alta cucina, basti pensare alle versioni di chef Cannavacciuolo o all’iconico Pacchero alla Vittorio della famiglia Cerea. La città di Napoli, con uno dei porti più importanti del nostro Paese, ha giocato un ruolo fondamentale nell’accoppiamento felice e immortale della pasta con il pomodoro. Ecco come la pasta al pomodoro è entrata nelle nostre case guadagnandosi il titolo di uno dei piatti simbolo della nostra cultura gastronomica.

Il pomodoro in Europa

Sebbene oggi sulle nostre tavole, soprattutto in estate, ci sia una forte presenza di diverse varietà di pomodoro, questo frutto non è sempre stato il benvenuto. Il primo scritto italiano sul pomodoro si deve al medico toscano Pietro Andrea Mattioli che lo racconta intorno alla metà del Cinquecento. Il pomodoro viene descritto come un vegetale non propriamente commestibile e viene categorizzato come una pianta altamente tossica. Nonostante questo, il medico senese afferma che come melanzane e funghi, il pomodoro può essere mangiato fritto nell’olio e condito con sale e pepe. Questo parere negativo sul pomodoro continua per circa un secolo fino a quando il cuoco Antonio Latini, di origini marchigiane ma alla corte del Viceré spagnolo a Napoli, non scrive sul suo ricettario del 1692 la preparazione di una "Salsa di pomodoro alla spaguola". Si tratta di una ricetta semplice in cui i pomodori prima abbrustoliti sulla brace, vengono successivamente pelati e tritati insieme a cipolla, timo, peperoncino e conditi con sale, olio e aceto. Questa preparazione, che molto ricorda anche del gazpacho, è probabilmente la prima versione della salsa di pomodoro.

Napoli e la salsa di pomodoro

All’epoca Napoli era il centro degli scambi culturali ed è rappresentativa di una società ricca dal punto di vista del commercio. Se a questo sommiamo la dominazione spagnola sin dai primi anni del Cinquecento, si fa presto a comprendere perché la città partenopea è la terra madre della salsa al pomodoro. Napoli era un florido punto di contatto con la Spagna e di conseguenza con le colonie d’Oltreoceano, per questo numerosi prodotti, tra cui il pomodoro, giungevano in abbondanza qui e non altrove.

Pasta e pomodoro, un incontro inaspettato

Dopo la ricetta di Latini, la salsa al pomodoro divenne molto più comune, ma per oltre un secolo era un semplice intingolo di accompagnamento a carni, pesci e verdure. Bisogna aspettare fino al 1803 quando Vincenzo Agnoletti nella sua Cucina Economica, racconta di una minestra di pasta di piccole dimensioni che viene prima bollita in acqua e poi cotta in un brodo che poteva essere insaporito con sugo di pomodoro. Fino a quel momento, le minestre e le zuppe erano arricchite con solo riso e per questo la scelta di Agnoletti rappresenta una vera novità. Per la versione della pastasciutta al pomodoro, dobbiamo invece andare avanti di una manciata di anni, quando Francesco Leonardi, nella sua seconda edizione dell’Apicio Moderno, stampato tra il 1807 e il 1808, propone la versione della ricetta dei Maccaroni alla Napolitana in cui si evidenzia una variante del sugo di pomodoro. Questa versione è considerata l’antenata del celebre ragù alla napoletana, preparato oggi con numerosi tagli di carne che vengono cotti a fuoco basso insieme alla salsa di pomodoro per numerose ore. La ricetta di Leonardi viene però registrata non prima di trent’anni più tardi e si tratta di un semplice piatto di spaghetti conditi con salsa di pomodoro in versione asciutta e non brodosa.

La pasta al pomodoro: dall’Italia alla conquista del mondo

Fu una combinazione di eventi e di idee lungimiranti a portare la pasta al pomodoro a diventare uno dei piatti simbolo non solo dell’Italia ma del mondo intero. Giovanni Buitoni, noto imprenditore italiano che non ha di certo bisogno di presentazioni, ebbe un’idea geniale nel 1940 in occasione dell’inaugurazione del suo ristorante a New York (a Time Square per la precisione). L’imprenditore italiano creò un nastro di cuoio che trasportava porzioni di spaghetti e al costo di soli 25 centesimi, chiunque poteva accedere tramite dei tornelli e consumare tutti i piatti di spaghetti al pomodoro che desiderava. Questa prima versione di all u can eat, elevò la pasta al pomodoro ad un nuovo livello e divenne così un piatto amatissimo anche dagli americani.

La pasta al pomodoro più famosa d’Italia

Sebbene, come abbiamo già detto, la pasta al pomodoro sia un piatto semplice è incapace di stancare. Molte sono le versioni, anche stellate, di questo piatto, ma c’è una ricetta che è diventata famosa grazie a Vittorio Cerea. Lo chef era in vacanza a Disneyland con la famiglia per festeggiare i 25 anni di matrimonio tra lui e la moglie Bruna. All’interno del parco dei divertimenti c’era un ristorante italiano che serviva le tagliatelle Alfredo mantecate al tavolo. Cerea tornò al suo ristorante di Bergamo e pensò di servire una ricetta di pasta al tavolo per stupire e divertire i commensali. I suoi paccheri alla Vittorio sono ancora oggi uno dei piatti più significativi della cucina italiana a tutti i livelli. Ma quali sono i segreti di questa pasta? Primo tra tutti c’è il bilanciamento tra acidità e dolcezza che si ottiene mixando tre varietà diverse di pomodori. Pelati, ciliegini, piccadilly, cuore di bue, datterini: vanno bene tutti, ma fate attenzione alla stagionalità. I pomodori, una volta cotti vengono frullati e filtrati attraverso un colino a maglie strettissime in modo da ottenere una salsa liscissima. I paccheri vengono mantecati in questa salsa come si fa con il risotto quindi con l’aggiunta di burro e Parmigiano. Il movimento veloce di mantecatura permette alla pasta di rilasciare l’amido che, unito alla salsa di pomodoro, crea una cremina irresistibile.

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