Risotto alla milanese, il piatto color oro simbolo della città
Più che una semplice specialità gastronomica, una vera istituzione per Milano: scopri come è nato e si è evoluto questo piatto-icona.
A tavola è il simbolo indiscusso del capoluogo lombardo, anche se nel suo passato c’è chi ha rintracciato influenze siciliane: è il risotto alla milanese, un primo piatto che non è solo una specialità tipica, ma rappresenta anche un vero e proprio monumento della città di Milano. Non è un caso se una delle testimonianze scritte giunte fino a noi lega la sua origine a un altro monumento cittadino, stavolta reale e non metaforico: il Duomo.
La ricetta che conosciamo oggi è frutto di una lunga evoluzione che, nel corso dei secoli, ha ufficializzato gli ingredienti tipici del risotto alla milanese, dal midollo al burro, dallo zafferano al formaggio. Ma sono tante le rivisitazioni moderne di questo piatto, che ne fanno un grande classico capace di continuare a rinnovarsi, come ha fatto nel corso della sua storia.
Il 7 dicembre è la Giornata Nazionale del risotto alla milanese: quale occasione migliore per conoscere più da vicino questa istituzione della cucina meneghina?
Risotto alla milanese: la leggenda di Zafferano e il legame con il Duomo di Milano
C’è un aneddoto, testimoniato da un manoscritto trovato alla Biblioteca Trivulziana, che lega la nascita del risotto alla milanese, e in particolare l’introduzione del suo ingrediente più rappresentativo, lo zafferano, a un’altra icona cittadina, il Duomo. Secondo quanto riportato dal documento, nel 1574 il Maestro Valerio di Fiandra stava lavorando alla realizzazione delle vetrate della Cattedrale meneghina insieme a un aiutante, soprannominato Zafferano per la sua abitudine di aggiungere un tocco di zafferano ai colori per aumentarne la brillantezza. Il Maestro era solito prendere in giro l’assistente, dicendogli che con la sua fissazione per lo zafferano sarebbe stato capace di infilare questa spezia anche nei piatti. La profezia si avverò nel settembre dello stesso anno, quando in occasione del matrimonio della figlia di Mastro Valerio Zafferano chiese al cuoco di fare una variazione al menù, cioè di aggiungere al riso al burro un pizzico di zafferano. Un’idea che fu molto apprezzata dagli ospiti, sia per la nota di colore sia per il gusto che donava al piatto. Sarebbe nato così il risotto alla milanese.
L’origine del risotto alla milanese, tra Sicilia e cucina Kosher
Un’altra teoria lega la nascita del risotto alla milanese alla Sicilia, sostenendo che derivi dal riso allo zafferano presente nella tradizione culinaria di questa terra: nel Medioevo questa ricetta sarebbe stata esportata al Nord da alcuni mercanti ebrei, che si sarebbero trasferiti a Milano dalla Sicilia portando con sé questa tradizione, entrata nella cucina Kosher.
Secondo un’ulteriore ipotesi, il risotto allo zafferano sarebbe stato inventato da una cuoca siciliana emigrata a Milano, che volendo preparare gli arancini, ma non trovando gli ingredienti che solitamente utilizzava per il ripieno, ne sperimentò una versione diversa. Il risotto alla milanese sarebbe, quindi, un lontano parente della celeberrima specialità siciliana.
La ricetta tradizionale e la sua evoluzione nel tempo
Al di là delle tante leggende, quando è stata ufficializzata e come si evoluta nel tempo la ricetta del risotto alla milanese? La prima apparizione è del 1779 in un manuale di cucina: si tratta de "Il cuoco Maceratese" di Antonio Nebbia, in cui per la prima volta è citato un piatto di riso soffritto nel burro e cotto con il brodo.
Lo zafferano compare più tardi: nel 1809 il "riso giallo in padella", preparato con riso soffritto nel burro, interiora, midollo e cipolla, bagnato con il brodo caldo e insaporito con lo zafferano, è citato nell’opera anonima "Il cuoco moderno".
Risale a qualche anno più tardi, il 1829, la prima testimonianza della ricetta tradizionale, cioè quella che prevede che il riso, cucinato con burro, grasso, midollo e brodo, sia insaporito con formaggio e noce moscata: la riporta il ricettario "Il Nuovo Cuoco Milanese Economico" di Felice Luraschi, che chiama questo piatto "risotto alla milanese giallo".
E il vino? Lo cita Pellegrino Artusi nel suo "La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene" (1891), dove inserisce ben tre varianti del risotto alla milanese: la prima solo con riso, burro, cipolla e zafferano, la seconda con il midollo di bue e il vino bianco, che viene aggiunto per smorzare l’untuosità data dal grasso e dal midollo, la terza, nuovamente senza midollo e con l’aggiunta di due dita di marsala.
Dopo tante evoluzioni, nel 2007 il risotto alla milanese ha ricevuto la prestigiosa Denominazione Comunale, che ne ha ufficializzato la ricetta – senza vino e con il grasso di arrosto e midollo – , sancendo anche il profondo legame di questo piatto con il territorio milanese e la sua comunità.
Le varianti moderne del risotto alla milanese
Negli anni il risotto alla milanese è stato ampiamente reinterpretato sia da appassionati di cucina che da chef, che lo hanno proposto in moltissime varianti.
Tra i tanti, lo chef Andrea Berton lo ha rivisitato con le animelle di vitello fresche invece che con il tradizionale ossobuco, Davide Oldani lo ha preparato con riso Carnaroli mantecato con burro, aceto, sale e Grana Padano, Gualtiero Marchesi ne ha fatto un’opera d’arte – chiamata Riso, oro e zafferano – dalla presentazione iconica: un piatto nero su cui spicca il cerchio dorato del risotto, impreziosito da una foglia d’oro quadrata posizionata al centro.
C’è chi serve il risotto alla milanese in purezza, cioè da solo, chi insieme all’ossobuco, chi lo prepara in versione marinara con pesce, frutti di mare e crostacei, chi con la salsiccia. Molto gettonati anche gli abbinamenti con i porcini e con le zucchine, sia in chiave vegetariana senza midollo, quindi più vicina a un risotto allo zafferano che al classico risotto alla milanese, sia nella versione tradizionale arricchita con le verdure.
Naturalmente l’originale resta uno solo, ma se ami questa specialità non perdere l’occasione di assaggiare anche le sue varianti, per assaporare le tante sfumature di gusto, di aroma e di colore di questo piatto.