Quando e perché non consumare la curcuma
La spezia gialla di gran moda ha però qualche controindicazione: ecco quale
La curcuma, nota pianta originaria del sud-est asiatico, vanta diversi effetti benefici conosciuti: funziona da antinfiammatorio, aiuta la digestione ed è antiossidante.
È anche utilizzata per la creazione di medicinali biologici, spesso come disintossicante per il fegato oppure per il deflusso intestinale.
Sono svariati quindi i vantaggi che dona all’organismo questa pianta, ma sono presenti anche dei fattori negativi che è importante tenere in considerazione.
Innanzitutto la curcuma non viene immediatamente assorbita. Prima che possa essere trasformata in principio attivo decorre un tempo variabile da alcune ore ad addirittura diversi giorni.
Grazie però ad alcuni piccoli accorgimenti è possibile diminuire questo tempo di attesa.
Al consumo della pianta, rigorosamente cruda, associamo un alimento grado, come ad esempio l’olio extravergine d’oliva.
Ma le tempistiche possono essere ulteriormente ridotte se la curcuma viene mangiata assieme al pepe nero.
In questo modo avrete infatti stimolato l’attività escretiva dell’apparato grastoesofageo, grazie alle paperina, sostanza in grado di formarsi con gli acidi dei composti, come ad esempio il sale.
Da evitare nel caso si soffra di ipertensione o di emorroidi.
La pianta può infatti causare anche alcuni effetti collaterali, come nausea o diarrea, oltre allo spiacevole retrogusto amaro che permane per diversi minuti.
Mai consumarla se si è feriti, nonostante si usino dei farmaci anticoagulanti, la curcuma può essere letale se utilizzata al seguito di un infortunio o di un intervento chirurgico poiché rende il sangue più fluido.
Sono presenti anche ulteriori controindicazioni. E’ infatti sconsigliato assumerla nel caso si soffra di gastrite o da patologie ostruttive delle vie biliari.
Un consumo quotidiano può inoltre accrescere il rischio di ulcere intestinali.