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San Giuseppe, dalle zeppole alle sfinci: i piatti tipici del 19 marzo

Scopriamo i piatti tipici di San Giuseppe: dalle zeppole alle sfinci, passando per la pasta e ceci e il pane.

donna mani impastare pasta sul tavolo da cucina

Il 19 marzo si festeggia San Giuseppe, che in alcune parti del mondo coincide con la festa del papà. Una ricorrenza speciale, che dal punto di vista gastronomico fa subito pensare a un dolce squisito consumato in tutta Italia, la zeppola. Vi siete mai chiesti se ci sono altri piatti tipici, legati a tradizioni del passato, che si portano in tavola in questa giornata? Scopriamo quali sono le ricette che si consumano nel Belpaese in occasione della celebrazione dedicata alla figura paterna.

San Giuseppe: il 19 marzo non può mancare la zeppola

Il 19 marzo si festeggia San Giuseppe, figura paterna per eccellenza, padre adottivo di Gesù. Soltanto in alcuni paesi, però, questa ricorrenza coincide con la festa del papà. Negli Stati Uniti, ad esempio, i padri si omaggiano sempre la terza domenica di giugno, mentre in Australia la prima domenica di settembre. Tornando alle nostre tradizioni, la celebrazione un tempo veniva associata anche ai falò che si facevano per festeggiare la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. Questi riti si eseguivano soprattutto con lo scopo di purificare il terreno e assicurarsi una buona semina.

Sul versante gastronomico, in tutta Italia San Giuseppe fa rima con le omonime zeppole. Sulla nascita di questo dolce, un bignè ripieno di crema pasticcera decorato con un’amarena o una ciliegina rigorosamente fritto, ci sono diverse tesi. Qualcuno sostiene che siano nate nell’Antica Roma, dove il 17 marzo si festeggiavano i Liberalia in onore delle divinità del vino e del grano. All’epoca, per omaggiare Bacco e Sileno, si friggevano nello strutto delle semplici frittelle di frumento che poi venivano consumate da tutta la popolazione. Successivamente, quando l’Imperatore Teodosio II abolì tutti i riti pagani la festa venne cancellata, ma i dolcetti continuarono a essere preparati.

All’epoca, però, le zeppole erano molto diverse da quelle che conosciamo oggi. Hanno iniziato ad avere una forma simile a quella di un bignè intorno al 1700, qualcuno dice su idea delle monache della Chiesa della Croce di Lucca a Napoli, altri delle religiose di San Basilio del Monastero di San Gregorio Armeno, sempre nella città ai piedi del Vesuvio. Altri ancora sostengono che l’inventore sia Pintauro, padre della sfogliatella riccia. La prima ricetta su carta, però, risale al 1837, quando Ippolito Cavalcanti, celebre gastronomo napoletano, le codificò nel suo Trattato di Cucina Teorico-Pratico. Ai tempi, è bene sottolinearlo, non erano farcite con la crema pasticcera, aggiunta che ha iniziato a diffondersi intorno al 1950. Di conseguenza, si ritiene che questo dolce abbia origini napoletane.

Gli ingredienti del bignè restano sempre gli stessi: farina, zucchero, uova, burro e olio d’oliva. A cambiare è il ripieno, talvolta la decorazione, ma la ricetta originale – ammesso che sia quella campana – prevede la crema pasticcera, le amarene sciroppate e una spolverata di zucchero a velo. Sulla forma tonda non si discute, mentre sulla cottura sì: gli amanti delle tradizioni non tradirebbero la frittura neanche sotto tortura, mentre i salutisti si sono da tempo convertiti al forno.

In Italia, le zeppole di San Giuseppe più diffuse sono quelle napoletane, quindi farcite con crema pasticcera e guarnite con l’amarena o la ciliegia. Ci sono comunque altre varianti interessanti, come quelle molisane che prevedono la sostituzione dell’amarena con un cucchiaino di marmellata allo stesso gusto, oppure quelle calabresi con il ripieno di ricotta aromatizzata alla cannella.

Cosa si mangia a San Giuseppe: i piatti della tradizione

Il dolce di San Giuseppe, anche se probabilmente l’accostamento con il 19 marzo non è stato altro che una geniale trovata di marketing, è quasi per tutti la zeppola. Invece, per quel che riguarda i piatti salati la situazione è molto diversa. Non ci sono regole ben precise, ma in alcune zone, specialmente nel Sud Italia, si celebrano le Tavole di San Giuseppe, uno speciale rituale che inizia la sera che precede la festa. Il 18 marzo le famiglie che vogliono esprimere devozione al santo o hanno una grazia da chiedere allestiscono un banchetto nella propria casa e offrono il cibo alle persone meno abbienti della comunità. Le portate, in ricordo dell’ultima cena di Gesù, devono essere 13 e gli invitati devono assaggiarle tutte.

Anche se non ci sono regole gastronomiche da seguire, ci sono comunque alcune prelibatezze legate alla festa del 19 marzo. Come vuole la tradizione, in tutte le occasioni importanti il baccalà fritto non può mancare, specialmente al Centro e al Sud dello Stivale. Sempre in queste zone e con la stessa modalità di cottura, troviamo le polpette o frittelle di cardi. Le verdure pastellate vengono tuffate nell’olio bollente: pochi minuti e si ottiene una prelibatezza da usare sia come cibo singolo che come condimento di pasta o minestre.

Per alcuni è immancabile, poi, la pasta e ceci di San Giuseppe. Parliamo di una pasta fresca, in parte lessata e in parte fritta, che viene poi unita ai legumi. Secondo la tradizione, la preparazione di questa ricetta simboleggia l’atto di recitare il rosario. In altre zone del Belpaese, invece, si usa cucinare la pasta con le sarde, il finocchietto selvatico, i pinoli e l’uva passa.

Un altro alimento simbolo del santo è il pane di San Giuseppe, una pagnotta a cui solitamente viene data la forma di oggetti che il padre di Gesù, di professione falegname, utilizzava quotidianamente. Come avviene con le zeppole, anche in questo caso abbiamo tante varianti: dai pani votivi di Salemi (Trapani) alle cuccetelle di Minturno (Latina).

Restando nel settore della panificazione, in Puglia non esiste un 19 marzo senza la focaccia di Gravina. Preparazione tipica di questo giorno, è una specie di calzone ripieno di cipolle sponsali, ossia i bulbi ancora piccolini, alici a spirale e uva passa. Avete mai sentito parlare dei carciofi con il tappo di San Giuseppe? Se la risposta è negativa dovete assolutamente recuperare. I carciofi vengono riempiti con un mix di pangrattato, caciocavallo, prezzemolo, sale e pepe, poi vengono chiusi passandoli nell’uovo e, infine, cotti. Un’esplosione di sapori.

Anche se le zeppole restano il dolce principale della festa del papà, questo non significa che non ci siano altre prelibatezze dedicate al santo con cui concludere il banchetto. In Lombardia, ad esempio, si preparano i tortelli di San Giuseppe, dei bignè dal cuore morbido ma dall’esterno croccante, vuote o farcite. In Sicilia, invece, troviamo due ricette differenti: le sfinci di San Giuseppe e le crispelle di riso. Le prime prevedono un impasto a base di uova intere e tuorli, latte, zucchero e lievito, fritto e poi farcito con ricotta di pecora, pezzetti di cioccolato e zucchero e guarnito con scorza d’arancia candita e pistacchio. Le seconde sono a forma cilindrica, fritte e poi ricoperte di di miele d’arancio e zucchero a velo con cannella.

storia degli sfinci siciliani

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