San Biagio, la tradizione di mangiare il panettone e le altre ricette tipiche
Sapete che nel giorno di San Biagio si mangia il panettone avanzato a Natale? Scopriamo perché e quali sono le altre tradizioni culinarie del 3 febbraio.
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Il 3 febbraio di ogni anno si festeggia San Biagio, protettore della gola e degli otorinolaringoiatri, ma anche del bestiame, dei veterinari e delle attività agricole. La celebrazione, osservata in tante zone d’Italia, è legata ad una tradizione gastronomica assai particolare: il giorno della festa si mangia il panettone. Sì, parliamo proprio del dolce di origine milanese, che solitamente si consuma soltanto nel periodo di Natale, al massimo fino a metà gennaio. Andiamo alla scoperta della festività e scopriamo perché, secondo la tradizione, non è "San Bias" senza il "panetun".
- La storia di San Biagio e la tradizione del panettone
- Le tradizioni gastronomiche legate al culto di San Biagio
La storia di San Biagio e la tradizione del panettone
All’indomani della Candelora, molte zone d’Italia si preparano a festeggiare San Biagio di Sebaste, festività che cade ogni anno il 3 febbraio. Vescovo vissuto nel III° secolo, è stato martirizzato per la sua fede intorno al 320, durante la persecuzione di Diocleziano. Secondo l’agiografia, prima di entrare nella chiesa era medico, per cui molte persone lo cercavano per essere curate. Anche quando venne arrestato per ordine del governatore Agricola, i fedeli hanno continuato a recarsi da lui. Un giorno arrivò in prigione una donna che aveva con sé il figlio. Quest’ultimo aveva ingoiato una spina di pesce e rischiava di morire soffocato. Biagio gli diede una mollica di pane che, una volta in gola, portò via il residuo di cibo. Il bambino tornò a respirare e la mamma regalò al Santo una candela per illuminare la sua cella.
Questo miracolo è arrivato fino ai giorni nostri, facendo diventare Biagio il protettore della gola e di tutte le malattie a essa associate, nonché degli otorinolaringoiatri. Sono altre, però, le azioni miracolose che gli si attribuiscono Alcune riguardano gli animali, creature che amava e curava con la stessa dedizione che riservava agli esseri umani, motivo per cui è riconosciuto anche come patrono dei veterinari, del bestiame e delle attività agricole
Il culto nei confronti del Santo è ancora oggi molto vivo, tanto che le candele benedette nel giorno della Candelora vengono portate in chiesa il giorno seguente, in ricordo di quella che la mamma donò a Biagio per ringraziarlo di aver miracolato suo figlio. Secondo la tradizione, il 3 febbraio il sacerdote benedice la gola di adulti e bambini utilizzando proprio due ceri incrociati. Da qui, il detto in dialetto milanese "San Bias el benediss la gola e el nas", in italiano San Biagio benedice la gola e il naso.
In tutto ciò, sorge spontanea una domanda: cosa c’entra il panettone con la festività? Oltre a ricordare il miracolo della briciola di pane che ha salvato il bimbo, la tradizione è legata ad una leggenda che nasce proprio a Milano. La storia popolare narra che tanti tanti anni fa, una contadina aveva portato al suo parroco un panettone da benedire per Natale, ma dopo l’aspersione lo dimenticò nella canonica. Il prete, pensando che la fedele avesse dimenticato il ‘lascito’, lo mangiò. Il 3 febbraio, proprio nel giorno di San Biagio, la donna tornò in chiesa per riavere indietro il suo "panetun". Il sacerdote, colto alla sprovvista, stava iniziando a inventare una storia per coprire il suo peccato di gola quando si accorse che, al posto della scatola vuota, c’era un panettone intero e più grande del precedente.
Così, per ricordare il miracolo del panettone, a Milano e in tutta la Lombardia si è soliti consumare un pezzetto di panettone nel giorno di San Biagio. Generalmente, se ne tiene da parte un po’ durante il Natale, poi il 3 febbraio si porta in chiesa per la benedizione. Dopo la messa, le famiglie lo mangiano insieme per assicurarsi il benessere di gola e naso.
Le tradizioni gastronomiche legate al culto di San Biagio
Il panettone si consuma in omaggio al Santo solo in Lombardia e nelle città limitrofe. In altre zone d’Italia ci sono tradizioni gastronomiche diverse, anche se in alcuni casi molto affini. Piuttosto diffuso è il pane di San Biagio, un lievitato a forma di croce che si fa benedire in chiesa la mattina del 3 febbraio e poi si consuma in famiglia. In Campania, soprattutto nella zona di Lanzara, in provincia di Salerno, si preparano le polpette di San Biagio, a base di carne di maiale e pane, e le panelle di San Biagio. Queste ultime sono dei quadratini di pane azzimo, legati insieme da un nastrino, che si portano a messa per l’aspersione.
A Mantova, invece, c’è proprio la torta di San Biagio, una crostata dal sapore unico, ripiena di mandorle e cioccolato fondente. La sua particolarità sta anche nell’impasto: la frolla è senza uova e prevede l’aggiunta di vino bianco. Pensate che nella cittadina di Cavriana si prepara ogni anno una torta dalle dimensioni maxi, circa tre metri di diametro, che dopo la benedizione viene servita a tutti i partecipanti. Nelle Marche, in Abruzzo e in Sicilia troviamo i taralli o le ciambelle di San Biagio, lievitati aromatizzati all’anice o ai semi di finocchio. Ovviamente, in base alla regione ci possono essere alcune variazioni per quel che riguarda gli ingredienti, come il vino bianco nell’impasto dei dolci abruzzesi, ma il gusto, bene o male, è lo stesso.
Sempre in Abruzzo, precisamente a Taranta Peligna, in provincia di Chieti, la festività è molto sentita. Il 3 febbraio si svolge la sagra delle panicelle, ossia dei piccoli pani a forma di mano con quattro dita unite. La preparazione di queste prelibatezze è comunitaria, visto che tutti gli abitanti si riuniscono nell’unico forno del borgo e mettono le mani in pasta. Poco prima di infornarle, le pagnotte vengono marchiate con una particolare immagine del Santo. I pani vengono poi portati in processione per le vie del centro storico e, infine, consumati dai presenti. Secondo l’usanza, prima di metterle in bocca bisogna baciare la figura del religioso e rivolgergli una preghiera di ringraziamento.
Spostandoci in Molise, soprattutto nella zona di Acquaviva Collecroce, troviamo le pandiçe, ossia un pane molto particolare, e i colac, dolci di frolla a mezza luna ripieni di ripieni di mele, frutta secca, pane raffermo, miele e spezie. Infine, in Puglia, dove Biagio è patrono della cittadina di Ruvo, dove sarebbero state trovate anche alcune sue reliquie, si preparano i friciduzze, dei taralli realizzati nelle forme di mano, bastone, piede e mitra del Santo.
Ricordiamo, per correttezza, che San Biagio è il patrono di circa 122 cittadine sparse su tutto il suolo italiano, per non parlare di alcune località di Istria e Dalmazia. Delle città nostrane, in venticinque possiedono reliquie del Santo.