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Intervista a chef Federico Sisti: la sua cucina su misura da Frangente a Milano

Intervista a Federico Sisti di Frangente a Milano

Una cucina pensata per godere, un’esperienza che sa di benessere e fa venire voglia di tornare: intervista a Federico Sisti, chef di Frangente a Milano.

Milano l’avrà anche portato via da Riccione, ma Riccione non è mai andata via da lui. Lo sentiamo dal suo accento e lo vediamo dal suo animo gentile, dal suo lavorare sodo e dalla sua spiccata attitudine all’ospitalità. Sto parlando di Federico Sisti, chef al timone della cucina di Frangente a Milano.

Classe ‘81, esperienza pluriventennale e ancora quella voglia di stare in prima linea per fare la gioia dei palati dei suoi clienti che, a detta sua, spesso diventano amici. Questo succede perché Frangente è sì un ristorante dove andare, ma soprattutto un posto dove tornare. Qui si sta bene perché la cura e l’attenzione per i dettagli sono godevoli e mai invadenti. La cucina di Frangente abbraccia una clientela poliedrica, non solo perché rispetta quelle che sono le esigenze, ma perché cerca (riuscendoci) di soddisfare il gusto di tutti senza lasciare indietro nessuno. Attenzione, questo non significa affatto che Frangente manchi di identità, tutt’altro, semplicemente è una cucina inclusiva, rispettosa e a misura dei suoi ospiti.

Chef Sisti ama il mare, da anni viene chiamato chef surfista per la sua passione verso questo sport che ha sapore di salsedine e libertà. Ama anche i prodotti della terra di cui ha una conoscenza davvero esemplare. Da Frangente ha unito questi due mondi che spesso si incontrano nella stessa portata cavalcando onde di gusto che rilasciano energia e quella piacevole sensazione che si prova quando si è stati bene in un posto.

Penso che sia inutile fare l’elenco delle esperienze di Federico Sisti, alcune di altissimo livello, credo invece sia più interessante capire cos’è Frangente nella sua essenza e conoscere un po’ meglio la persona quando si toglie la giacca da chef. Ecco l’intervista a Federico Sisti.

Quando hai capito che volevi fare questo lavoro?

In giovanissima età. Mia nonna era bravissima in cucina, mio papà faceva un altro lavoro ma si dilettava benissimo tra i fornelli. A casa mia si è sempre mangiato bene e i miei hanno supportato questa mia volontà sin da subito.

Com’è cambiata la tua cucina negli anni?

La mia cucina ha sempre cercato di rimanere al passo coi tempi ma senza mai strafare. Le fondamenta della mia cucina di oggi sono principalmente due. La prima è il totale rispetto della materia prima, la seconda è quella di soddisfare il cliente. L’idea e l’immagine del piatto sono importanti certo, ma mai come oggi è fondamentale che le cose siano buone.

Perché hai scelto proprio Milano?

Per diversi fattori. Primo fra tutti quello familiare, la mia compagna vive e lavora qui. Diversi colleghi, che sono in realtà amici, hanno insistito molto per portarmi in questa piazza che è effettivamente sotto i riflettori e ha un pubblico intelligente e parecchio interessato al cibo buono. Dopo 6 mesi dall’apertura Frangente è stato segnalato da Forbes America come uno dei migliori dieci ristoranti al mondo da visitare nel 2022. Da Frangente hanno cenato alcuni tra i migliori chef del mondo per non parlare di musicisti e artisti anche di portata internazionale, credo che la città di Milano in questo ci abbia messo del suo. Frangente è un posto per tutti proprio come la città in cui si trova.

Cos’è Frangente per te?

Per me è casa. Lavoro ogni giorno affinché le persone che vengono qui si sentano come a casa. La prima cosa che le accoglie è il cestino del pane, con un paio di fette di salame e i grissini tirati a mano. Questo è un piccolo gesto che per me ha un grande valore, quello dell’ospitalità, il senso di casa che si prova quando qualcuno ti apre la porta e ti mette a tuo agio facendoti sentire voluto e importante.

Frangente è anche la sartorialità che facciamo su ogni singolo cliente, sono movimenti impercettibili agli occhi nei nostri ospiti ma ti garantisco che è un lavoro minuzioso a cui partecipano sia la sala che la cucina. Per questo io non li chiamo più clienti, per me molti sono diventati amici.

Le persone qui si sentono avvolte e non parlo solo di chi viene a mangiare, ma anche del personale. Il mio concetto di sostenibilità passa certamente da una scelta consapevole delle materie prime, questo discorso ormai mi pare ovvio e scontato, ma anche dal fare stare bene i propri collaboratori sotto ogni aspetto in un ambiente sano e genuino.

Come cambia il lavoro di uno chef avendo una cucina a vista che crea un contatto così diretto con i clienti?

Questa mia scelta è data dal fatto che io non ho niente da nascondere. Sono una persona sincera sotto tutti i punti di vista. Avere i clienti al banco non modifica il mio modo di lavorare e non è per me limitante, è anzi un privilegio. Sono a contatto con le persone e vedo istantaneamente le loro reazioni che per me e la squadra sono importantissime sia per capire se abbiamo fatto un buon lavoro sia per eventualmente migliorarci.

Hai già qualche idea per il menu autunnale?

Ci sono alcuni piatti che non posso togliere dal menu perché i clienti li vogliono sempre trovare (stiamo certamente parlando dei tortellini, del risotto e della cotoletta, ndr). Ho tre nuovi piatti che sicuramente ci accompagneranno per la stagione fredda, il resto lo capiremo appena arriveranno le verdure di questa stagione.

Ci puoi fare qualche spoiler?

Certo! C’è un raviolo ripieno di zucca, mostarda di frutta e Parmigiano 24 mesi, condito con burro, salvia e filone di vitello. Da questo possiamo ricavare un piatto vegetariano togliendo il filone. Per me è importante che ogni persona da noi possa mangiare come preferisce. Un’altra new entry sono gli spaghetti all’astice con acqua di peperoni alla brace. In ultimo c’è una zuppetta di fagioli dall’occhio e cotiche con un tonnetto alalunga sopra appena scottato e fondo di vitello. Il resto arriverà in base alle disponibilità di mercato, mi piace sempre proporre diversi fuori carta.

Cos’è il filone di vitello?

È il midollo spinale dell’animale. Ce n’è pochissimo e deve essere scelto di altissima qualità. Per anni è stato un ingrediente di scarto ma io amo la sua consistenza che ricorda quella di un marshmallow in versione salata. Con burro e salvia prende aromaticità. Diciamo che è proprio un ingrediente che stimola chi ama le consistenze inusuali.

So che ti piace viaggiare. Dove sei stato nel tuo ultimo viaggio?

Per me i viaggi sono sempre fonte di ispirazione e cerco di attaccarci anche una parte di lavoro quando è possibile. L’ultimo viaggio è stato in Perù che insieme al Messico e al Giappone è sul podio dei posti più interessanti visitati nella mia vita. Per quanto riguarda il Perù ho scoperto una bellezza completa, tonda, che passa dal cibo, dalla natura, dalle persone. Ringrazio di cuore questa terra in cui ho trovato una cultura e un’ospitalità che non avevo mai visto e percepito prima. Mi ritengo molto fortunato e sono molto grato per questa esperienza.

Ci consigli un posto dove andare a mangiare a Milano?

Ti direi Da Martino, c’è una cucina di casa, godibile ed è perfetto per un pranzo o una cena con gli amici.

Quando non sei lo chef di Frangente chi sei?

Ho uno spirito libero, mi piace fare un milione di cose e non sto mai fermo. Quando non sono lo chef di Frangente penso di somigliare a un diavoletto della Tasmania (ride, ndr).

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