Cresce la tendenza di fare scorte alimentari: perché e cosa sta accadendo
I tempi incerti che stiamo attraversando spingono le persone a tornare a fare scorte alimentari come ai tempi del Covid-19: ecco tutto quello che c'è da sapere sulla nuova tendenza.

Quando è scoppiata la pandemia da Covid-19 non ci siamo trovati impreparati soltanto dal punto di vista medico e psicologico, ma anche pratico: in quanti, ad esempio, non avevano abbastanza scorte alimentari in casa? Oggi, anche se sono passati anni e la vita è tornata a scorrere in modo assolutamente normale, stupisce scoprire che in Europa sta crescendo la tendenza di accumulare in dispensa cibo e prodotti di prima necessità. Vediamo perché si sta verificando questo fenomeno e cosa consiglia di fare la Commissione Europea.
- La pandemia è lontana, ma cresce la tendenza di fare scorte alimentari
- Scorte alimentari: le indicazioni dell'Unione Europea
La pandemia è lontana, ma cresce la tendenza di fare scorte alimentari
Il 9 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava agli italiani l’inizio del lockdown. Per gran parte della popolazione, il primo pensiero fu la spesa: cosa mangiare senza poter uscire di casa per fare compere? In molti hanno così scoperto l’utilità delle scorte di cibo, fino a quel momento appannaggio esclusivo degli anziani. Non c’è da stupirsi se le vecchie generazioni, nate in piena guerra o negli anni immediatamente successivi, si sono fatte trovare pronte, almeno da un punto di vista alimentare, davanti a una situazione di emergenza. Finita la pandemia, però, quasi nessuno ha più pensato ad acquistare in abbondanza pasta, farina, lievito, zucchero e altre beni primari. Diciamo quasi perché, stando a un’indagine di Euractiv Italia, in Europa sta crescendo la tendenza di fare scorte alimentari.
Gli intervistati hanno preferito non rivelare la propria identità, ma abbiamo comunque un target di riferimento: persone di mezza età con un alto livello d’istruzione, una famiglia e un buon lavoro. Gli approvvigionamenti riguardano sia il cibo che i medicinali, mentre la motivazione che li spinge ad accumulare beni di prima necessità è da rintracciare nei "tempi incerti" che stanno scuotendo il mondo intero. Quasi tutti si assicurano di avere a portata di mano alimenti che possano consentire, in caso di improvvisa emergenza, una sopravvivenza di almeno 72 ore.
Considerando che la pandemia è lontana e che i supermercati sono tornati da tempo a essere pieni zeppi di cibo, questa tendenza sorprende, e non poco. Potrebbe essere comprensibile se a fare compere in abbondanza fossero persone che vivono in zone isolate, dove magari i negozi sono lontani. Invece parliamo di soggetti che abitano in città che dispongono addirittura di grandi catene aperte pure in orari notturni. Possibile che i "tempi incerti" che stiamo vivendo siano in grado di influenzare così tanto le scelte dei consumatori? A quanto pare sì, ma c’è una spiegazione psicologica alla base.
Secondo Bethany Benker, docente di Sociologia alla West England University, quanti accumulano scorte, alimentari e non, dimostrano di avere una "mentalità a lungo termine e resilienza". Pertanto, non c’è niente di male nel farlo. Situazione diversa se l’acquisto è dettato dal panico, in quanto si tratta solo di atteggiamenti "emotivi e irrazionali". In ogni modo, quanti cedono a compere di questo tipo sono reticenti nel confessarlo pubblicamente in quanto temono di essere giudicati in modo negativo. D’altronde, la pandemia ci ha insegnato anche che non sempre l’atteggiamento degli altri, specialmente se diverso dal proprio, può essere compreso senza doverlo necessariamente approvare o condannare.
A dimostrazione che la tendenza di fare scorte sta crescendo sempre di più, basta fare un giro sul web per trovare e-commerce che vendono veri e propri kit di sopravvivenza. Parliamo di zaini impermeabili (non scelti a caso ma perché facilmente trasportabili in caso di pericolo) riempiti con cibi che possono mantenersi intatti fino a 25 anni. Dalla pasta alla torta di patate e pollo, passando per la granola croccante: basta aggiungere acqua calda e il pasto è pronto. Queste preparazioni garantiscono 1800 kcal al giorno per una settimana, ossia il tempo massimo necessario per ricevere aiuti esterni durante le catastrofi.
Scorte alimentari: le indicazioni dell’Unione Europea
La tendenza di fare scorte alimentari non riguarda soltanto i singoli cittadini, ma anche gli stessi Stati. Christopher Hegadorn, professore di politica alimentare globale all’Università degli Studi Politici di Parigi, ha sottolineato che c’è stato "un aumento marginale dello stoccaggio di cibo in Europa dall’anno scorso". A conferma di ciò, Magnus Karlsson dell’azienda svedese General Prepper (uno dei più grandi negozi europei di forniture food) ha dichiarato: "C’è una chiara tendenza all’aumento degli acquisti di cibo per la preparazione alle emergenze. (…) Possiamo chiaramente vedere che la maggior parte degli ordini proviene da consumatori e aziende delle grandi città".
Anche in questo caso, la motivazione è una: i tempi incerti. In altre parole, i conflitti armati, mai così preoccupanti dalla Seconda Guerra Mondiale, stanno facendo tremare tutti. Poi ci sono anche i disastri causati dai cambiamenti climatici (inondazioni in primis) e gli eventi che non si possono prevedere (come i terremoti), ma sono soprattutto le guerre alle porte dell’Europa a preoccupare i vertici. Ed è proprio per questo che la Commissione europea ha suggerito ai cittadini di fare scorte essenziali di cibo, medicinali e prodotti per l’igiene sufficienti per almeno 72 ore. Questa raccomandazione è contenuta all’interno di un rapporto redatto dall’ex presidente finlandese Sauli Niinisto, oggi consigliere speciale della presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Niinisto ha sottolineato che questo suggerimento è fondamentale nel contesto storico che stiamo vivendo, minacciato da conflitti armati e potenziali attacchi informatici. Non deve indurre ad abbandonarsi al panico, ma deve essere letto come un invito alla responsabilità individuale e collettiva. Le scorte alimentari, infatti, potrebbero tornare utili nel caso in cui si verifichino blackout prolungati, interruzioni nelle catene di approvvigionamento o crisi sanitarie. Inoltre, la Commissione sta pensando di attuare una compagna informativa efficace e universale, volta a educare la popolazione sui comportamenti da adottare in caso di emergenze.
Per il momento, alcuni Stati membri hanno già fatto passi avanti nell’informazione. La Svezia, ad esempio, consiglia agli abitanti di preparare alimenti e acqua "per alcuni giorni", da portare con sé in caso di evacuazione. Si suggeriscono specialmente cibi in scatola, proteici, nutrienti e facili da consumare. Nei Paesi Bassi, invece, si parla di derrate generiche ma sufficienti per sopravvivere "48 ore". Più lungimirante la Svizzera, che chiede di fare provviste per sette giorni, ancora di più la Polonia, che suggerisce alimenti per 10 giorni.
Alla luce di quanto detto, la situazione europea è chiara, ma cosa sta accadendo nel resto del globo? Il Paese che vince il premio di maggiore accumulatore di scorte è la Cina. Un ‘riconoscimento’ che, a essere onesti, non stupisce, soprattutto se consideriamo che la Nazione è ben consapevole di dover sfamare il 20% della popolazione mondiale avendo a disposizione solo il 10% delle terre coltivabili mondiali e il 6% delle risorse d’acqua. Se a tutto ciò aggiungiamo i recenti dazi del presidente Usa Donald Trump, capiamo anche perché i leader cinesi hanno aumentato il budget per le derrate alimentari. Secondo le stime investiranno circa 20 miliardi di dollari per aumentare le materie prime.