Quaresima, un'occasione per rispolverare i piatti poveri: ecco cosa si mangia
Scopriamo quali sono le ricette che si portano in tavola durante il periodo della Quaresima, dal Mercoledì delle Ceneri al Giovedì Santo.

Per i credenti, la Quaresima è un periodo molto importante, di raccoglimento spirituale e penitenza. Tra le restrizioni, alcune riguardano la dieta, che per quaranta giorni circa subisce dei piccoli cambiamenti. Considerando che inizia subito dopo Carnevale, da sempre ricco di eccessi culinari che causano qualche chilo in più, anche coloro che non hanno una grande fede o gli atei potrebbero approfittarne per rimettersi in forma. Vediamo cosa si mangia, quali sono i cibi concessi e vietati e perché, a prescindere dalla religione, è una buona occasione per seguire un’alimentazione più sana ed equilibrata.
- Piatti della tradizione: ecco cosa si mangia durante la Quaresima
- Quaresima: un'occasione per rispolverare i piatti poveri
Piatti della tradizione: ecco cosa si mangia durante la Quaresima
Il giorno successivo al martedì grasso, ossia il Mercoledì delle Ceneri, inizia per i cristiani la Quaresima. Un periodo di circa quaranta giorni che termina il Giovedì Santo, nel corso del quale i fedeli fanno penitenza e si preparano spiritualmente alla risurrezione di Cristo. A prescindere dal proprio credo, visto che questa ricorrenza arriva dopo i bagordi del Carnevale e dura fino alla Pasqua, sono molte le persone che osservano le restrizioni alimentari imposte dalla chiesa per rimettersi in forma.
Un tempo, i credenti seguivano una dieta più o meno restrittiva per tutti i quaranta giorni, mentre oggi le giornate ‘sacre’ sono soprattutto il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. In queste due occasioni, è richiesta per tutti i fedeli dai 14 anni in su l’astensione dalla carne, dagli alcolici e dai cibi grassi e costosi e, dai 18 ai 60 anni, il digiuno parziale (saltare il pranzo o la cena). Alcune persone, anche se la chiesa non lo impone, fanno penitenza a tavola per tutti i venerdì di Quaresima. Ovviamente, quanti hanno problemi di salute non devono rispettare alcuna regola alimentare.
Se vi state chiedendo cosa mangiare in questi giorni, non temete perché la scelta è davvero ampia. Ogni città d’Italia ha il suo menù "di magro", ricette che si tramandano di generazione in generazione, che spesso affondano le radici in piatti poveri che, con il passare del tempo, sono diventati un po’ più ricchi. È per questo che spesso la Quaresima non equivale a una vera e propria penitenza, ma resta comunque una buona occasione per rispolverare tradizioni del passato. Pensiamo, ad esempio, al cappon magro ligure: pane abbrustolito, pesce e verdure con salse fatte anche con le uova. Un piatto tutt’altro che povero, insipido o poco calorico.
Stessa situazione con la polenta e aringa trevigiana nata proprio per essere consumata durante la Quaresima. Un tempo le aringhe venivano semplicemente strusciate sulla polenta a mo’ d’insaporitore, mentre oggi si usano proprio come condimento. In tutto il Veneto, la tradizione di mangiare questa varietà di pesce è ancora molto sentita, tanto che il periodo che precede la Pasqua viene chiamato "i giorni della renga".
Un altro pesce della tradizione quaresimale, che tra l’altro viene consumato pure in altri periodi dell’anno come il Natale, è il baccalà. In passato era un piatto povero, che molti portavano in tavola perché estremamente saporito e sostanzioso. Oggi, il suo costo è quasi proibitivo, ma resta un must have delle occasioni speciali. Le varianti, non a caso, sono tante: dal baccalà alla vicentina a quello alla cappuccina friulano, passando per quello al sugo fritto di Napoli.
Restando a Napoli, durante la Quaresima è d’obbligo anche la frittata di scammaro, a base di spaghetti conditi con olive, capperi, acciughe e prezzemolo poi ricotti in padella a mo’ di frittata con uvetta, pinoli e pangrattato. È simile alla tipica frittata di pasta napoletana, ma non prevede l’uso delle uova.
In molte zone d’Italia, il primo piatto per eccellenza dei giorni che non prevedono il consumo di carne è il cosiddetto sugo di magro, ossia un condimento a base di passata di pomodoro, tonno, olive verdi, capperi e prezzemolo. In altre, invece, non possono mancare gli agnolotti di magro, esternamente identici a quelli di carne ma ripieni di ricotta e bietole o spinaci.
Sul versante dei dolci, invece, sono diffusi seppur con varianti diverse i quaresimali. In Toscana si preparano con chiare d’uovo, zucchero, farina, nocciole tritate e polvere di cacao, mentre in Liguria sono a base di pasta di mandorle, zucchero, acqua di fiori d’arancio e albume d’uovo e guarniti con una crema al gusto di caffè, pistacchio, limone o maraschino. Spostandoci in Sicilia e Campania, invece, sono simili ai cantucci ma contengono il cedro candito e diverse spezie.
Quaresima: un’occasione per rispolverare i piatti poveri
Non sono tante le regole da rispettare durante i giorni clou della Quaresima, basta non consumare la carne, gli alcolici, i grassi e non eccedere. Ovviamente, è opportuno portare in tavola pietanze che non siano eccessivamente costose. È quindi l’occasione giusta per rispolverare i piatti poveri della tradizione, quelli che le nostre nonne e bisnonne preparavano con le poche cose che avevano in dispensa con la speranza di riuscire a sfamare la famiglia. Non possiamo che partire dalla panzanella, ricetta contadina che consente di riciclare il pane secco. Un tempo, almeno, era questa la realtà. Basta bagnare con l’acqua o l’aceto un po’ di pane raffermo e condire con le verdure che si hanno a disposizione. Il must? Pomodori, basilico, cipolla di Tropea, sale e olio extra vergine di oliva.
Un altro piatto a base di pane secco che evoca tradizioni ormai andate è la pappa al pomodoro. Pane, pomodori maturi (o passata di pomodoro), aglio, cipolla, basilico, olio d’oliva e brodo vegetale: un mix cremoso, semplice e genuino, dal sapore unico. Il pane raffermo è l’ingrediente principale di un’altra prelibatezza povera ma molto sostanziosa: le pallotte cacio e ova. Mollica, uova, pecorino, parmigiano e pomodoro: somigliano a polpette di carne e garantiscono un’esplosione di sapori.
Proseguendo la nostra escursione nella cucina di un tempo non possiamo evitare di citare il mallone o foglie e patane, a base di patate lesse e cime di rapa. In alcune zone d’Italia, le rape erano e vengono tutt’ora sostituite con le verze o le erbe selvatiche. La marcia in più di questo piatto sta nella doppia cottura: prima si lessano le verdure, poi si ripassano in padella con olio extra vergine di oliva, aglio e peperoncino.
Sempre a base di verdure, ovviamente con l’aggiunta di pane raffermo, è la ribollita. Una squisita zuppa, solitamente con fagioli cannellini, cavolo nero, patate, zucchine, pomodori, cipolla, carote e sedano. Leggermente diversa, almeno per gli ingredienti, è la scafata, ossia fave, carciofi e foglie di bieta cotti in un brodo vegetale insaporito con soffritto di cipollotto e carote.
Un altro piatto povero, che ancora oggi riscuote grandi consensi, sono gli spaghetti alla carrettiera. Sembrano simili ai classici aglio, olio e peperoncino, ma sono completamente diversi. Il condimento, sempre a base di olio, aglio e peperoncino, si prepara mentre cuoce la pasta, a crudo. Non bisogna fare altro che emulsionare l’olio con un trito di aglio e peperoncino e versare la pasta insieme a un mestolino di acqua di cottura. A questo punto, basterà aggiungere una dose generosa di pecorino grattugiato e una di prezzemolo e mescolare per bene. Un primo cremoso, con la piccantezza che si può regolare a piacimento o in base al gusto dei commensali.
Concludiamo il nostro viaggio nei piatti poveri della tradizione gastronomica nostrana con la cipollata. Facile e gustosa, un tempo veniva servita come piatto unico ma oggi è diventato un secondo o addirittura un antipasto. Ogni zona del Belpaese ha la sua variante, ma un dato non cambia: solitamente riesce a conquistare anche quanti si dicono poco amanti di questo ortaggio da bulbo.