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Cosa si mangia a Carnevale in Italia: i dolci trionfano sul salato

Vediamo cosa si mangia a Carnevale in Italia: dalle castagnole alle graffe, passando per le frittelle di mele e le fritole.

carnevale piatto di castagnole con maschera

Il detto "a Carnevale ogni scherzo vale" va bene per qualsiasi cosa, ma non può essere assolutamente applicato alle tradizioni gastronomiche. In Italia le maschere non potrebbero mai esistere senza frappe, chiacchiere, castagnole, fagioli all’uccelletto, faseuj grass e chi più ne ha ne metta. Ogni zona del Belpaese ha ricette proprie che fanno da padrone in tutto il periodo carnascialesco. Insomma, sui travestimenti si ha ampia scelta e non ci sono regole, ma sui piatti da portare in tavola non si transige: vediamo cosa si mangia da Nord a Sud, passando per il Centro dello Stivale.

Cosa si mangia a Carnevale in Italia: da Venezia a Ivrea

Carnevale è un periodo di bagordi, anche a tavola. In vista delle ristrettezze alimentari legate alla Quaresima, le persone si lasciano andare a tanti peccati di gola, che in molte zone d’Italia si traducono con l’espressione "fritti a volontà". È questa, infatti, la cottura più sfruttata in tutto il Paese durante la festività dedicata ai travestimenti. Ovviamente, ogni regione ha tradizioni gastronomiche proprie, ma non ce n’è una che non preveda almeno un fritto.

Iniziamo questo viaggio culinario da uno dei carnevali italiani più importanti e datati dello Stivale, quello di Venezia. Tra maschere sontuose e semplici bautta (travestimento tipico veneziano con mantello nero, maschera e cappello) non possono mancare le fritole veneziane, una specie di castagnole con dentro uvetta e pinoli. Le loro origini affondano le radici nel Seicento, quando in città esisteva un’associazione di ben 70 fritoleri. Durante il Settecento la loro importanza crebbe così tanto che vennero proclamate Dolce Nazionale dello Stato Veneto. Oggi queste palline di pasta lievitata si trovano in vendita in ogni angolo della città insieme alla crema fritta, altra specialità della laguna. A forma di rombo o quadrotto, è morbida dentro e croccante fuori, a base di crema pasticcera aromatizzata alla vaniglia e al limone.

Spostandoci al Carnevale di Fano, insieme a Venezia quello più antico del Paese, troviamo altre prelibatezze. Tra carri allegorici che lanciano caramelle, cioccolatini e confetti, si possono degustare due ricette dolci tipiche della zona. Le castagnole sono protagoniste assolute, in quanto si possono trovare sia in diverse forme che con svariate farciture. Le versioni che vanno per la maggiore sono allungate e ripiene di crema o piccole e rotonde vuote. Secondo dolce immancabile nel periodo delle maschere sono le cresciole, simili alle chiacchiere ma rotonde.

Il Carnevale di Cento, gemellato con quello di Rio de Janeiro, non inizia i festeggiamenti se non ci sono abbastanza sfrappole, ossia le chiacchiere, e il tipico tortellone, un dolce di pasta fritta ripieno di crema o cioccolato. Non possono mancare, poi, tutti gli altri piatti della tradizione gastronomica emiliana, soprattutto lasagne, tagliatelle e tortellini. Spostandoci in Toscana, nello specifico a Viareggio, i festeggiamenti carnascialeschi sono molto sentiti, non soltanto per quel che riguarda la magnificenza dei carri. A tavola non possono mancare tante prelibatezze, una su tutte: i fagioli all’uccelletto con salsiccia, accompagnati dalla tipica focaccia seravazzina. Il menù del giovedì e del martedì grasso prevedono altre due ricette: i tordelli, ossia dei ravioli di carne ed erbe, conditi con ragù toscano e i cenci, che altro non sono che le chiacchiere.

Grandi festeggiamenti a Ivrea, dove il martedì grasso si svolge la celebre e discussa Battaglia delle arance. La tradizione vuole che sui banchetti carnascialeschi ci siano i faseuj grass, ossia fagioli cotti insieme a piedini, cotenna e salamelle di maiale. La particolarità del piatto sta nella lunga cottura, che avviene nei tipici tofeje, recipienti tondi di terracotta con quattro manici, inseriti nel forno a legna. Un altro Carnevale italiano molto importante, nonché più lungo (inizia il 26 dicembre e termina il martedì grasso), è quello di Putignano. Considerando che parliamo di un periodo di tempo piuttosto esteso, la tradizione gastronomica è varia e ampia. L’unico piatto che non può assolutamente mancare è la farinella, che tra l’altro dà il nome anche alla maschera tipica della cittadina pugliese. Si tratta di una farina di ceci e orzo tostati che un tempo si mangiava insieme a fichi secchi, cipolle selvatiche, purea di fave, pasta al sugo o patate lesse. Oggi, invece, viene cotta nel brodo vegetale, come se fosse una polenta, e consumata fredda, a fette, con un contorno di verdure, con sugo o altri intingoli.

Carnevale nelle cucine italiane: il dolce vince sul salato

Come in ogni altra occasione, anche a Carnevale le tradizioni gastronomiche variano da regione a regione, ma in alcuni casi a cambiare è solo il nome. L’esempio lampante lo abbiamo con le chiacchiere che sono diffuse su tutto il territorio ma si chiamano in modo diverso: frappe nelle Marche e nel Lazio, sossole in Veneto, bugie in Liguria e Piemonte, cenci in Toscana e grostoi in Trentino. Le castagnole, invece, sono conosciute con un altro nome al massimo, stuffoli. L’impasto è invariato in tutto in Belpaese, ma in alcune zone sono vuote e in altre farcite.

Come detto in apertura, i fritti sono i grandi protagonisti del Carnevale italiano: dalle frittelle veneziane ai ravioli marchigiani. Questi ultimi sono realizzati con lo stesso impasto delle frappe, ma sono ripieni di castagne o crema e spolverati dopo la cottura con lo zucchero a velo. Sono ricette tipiche di tante zone nostrane anche la cicerchiata, una composizione più o meno scenografica formata da palline fritte mescolate con il miele, e le graffe o zeppole. Quest’ultime, pur avendo origini tedesche, sono state adottate dagli italiani da tempo immemore. Da non confondere con le zeppole di San Giuseppe, che nel periodo carnascialesco si consumano soprattutto in Campania. Mentre le graffe hanno le patate nell’impasto, quelle tipiche della festa del papà no e sono ripiene di crema pasticcera e hanno un’amarena sciroppata come guarnizione.

In Trentino, oltre alle chiacchiere, si preparano le frittelle di mele, frutto caratteristico della regione. Solitamente, per questo dolce si utilizzano due varietà, la renetta e la golden. Nelle Marche, soprattutto nella zona dell’anconetano, c’è un altro dolce tipico che non può assolutamente mancare sulle tavole del martedì e del giovedì grasso: gli arancini di Carnevale. Sono delle girelle lievitate aromatizzate all’arancia e, neanche a dirlo, fritte. Dopo la cottura vengono spolverate con zucchero a velo oppure cosparse di piccoli confetti colorati.

Mentre le ricette dolci spopolano in tutta Italia, quelle salate sono meno gettonate. Il primo piatto più diffuso? I tortellini, tortelli o ravioli, ripieni di carne, ricotta, salvia, oppure come accade nelle Marche di gallina. Questi ultimi, in dialetto ascolano, si chiamano ravioli incaciati. Il ripieno ha un sapore assai particolare, dato dalla carne trita, dal suo brodo di cottura, dal pane raffermo ammorbidito con il liquido a disposizione, da un mix di parmigiano e pecorino e dalla cannella. La particolarità dei ravioli sta anche nella chiusura: a mo’ di cresta di gallo. Il condimento? Ovviamente, pecorino e cannella.

I secondi piatti sono ovunque a base di carne, spesso di maiale, conditi con intingoli grassi che più grassi non si può. In Lombardia, ad esempio, si cucina polenta e osei, ossia polenta con uccellini cotti in salsa. Considerando che durante le festività natalizie sono stati macellati i maiali, sui banchetti carnascialeschi non possono mancare affettati e insaccati come salsiccia, prosciutto e capocollo.

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